IL NUOVO LIBRO DI GIANNI CANOVA

CINEMANIA


Tra il 2000 e il 2009, nel decennio che ha visto il trionfo del reality show come forma compiuta di desertificazione del reale e del gossip come implosione del sociale nel suo retroscena mediatico-comunicazionale, il cinema italiano – per quanto possa ancora valere una simile denominazione geografica e identitaria – si presenta come un organismo tutt'altro che sguarnito o sprovveduto.

A voler limitare l’osservazione ai film prodotti e realizzati, anzi, vien da dire che il nostro cinema – paradossalmente – si configura come uno dei più interessanti al mondo. Il che non vuol dire che i suoi film siano i più belli, o che i suoi autori siano i più coraggiosi e geniali. Vuol dire, molto più semplicemente, che nel combinato composto dei suoi vizi e delle sue virtù, dei suoi salti in avanti e dei suoi cronici ritardi, offre un panorama a suo modo emblematico e paradigmatico dei problemi ma anche delle potenzialità che il cinema porta con sé – direttamente – dal Novecento al nuovo millennio, e che nello stesso tempo produce forme ancora capaci di mettere in circolo scomode ma illuminanti verità su quel che siamo e – soprattutto – su quel che siamo diventati, forse anche nostro malgrado.

Questa, almeno, è l’ipotesi-guida attorno a cui si articola questo volume: l'idea che il cinema italiano contemporaneo sia molto più ricco e sorprendente di quanto si pensi, e che le sue debolezze non siano quelle solitamente additate come tali. Mentre Hollywood attraversa una crisi senza precedenti (di idee, di storie, di volti e mondi da raccontare, ma anche di convinzione e di passione), mentre la new wave dell'Estremo Oriente sembra avere del tutto esaurito la sua spinta propulsiva, mentre buona parte del cinema europeo cincischia e cicaleggia nel manierismo più sfacciato, il cinema italiano – forse anche perchè sotto attacco da parte del potere politico e mediatico, o perché costretto a fare i conti con un sociale regredito a forme arcaiche di egoismo premoderno – ritrova se non altro una rabbia, un'indignazione e una necessità che poche altre cinematografie oggi posseggono.